Esquilino

Piazza Vittorio

Nell'angolo Sud-occidentale di Piazza Vittorio i recenti lavori per la realizzazione della nuova sede dell'ENPAM hanno portato al ritrovamento di un eccezionale contesto storico-archeologico, in parte individuato per la prima volta durante gli sterri dell'Ottocento ed eccezionalmente giunto fino a noi. In quegli anni il Lanciani individuò nell'area un lungo criptoportico – un corridoio voltato sotterraneo – decorato con alabastri e marmi intarsiati, in parte conservato presso i Musei Capitolini.

Gli scavi per la realizzazione dei sei piani interrati previsti dal progetto hanno permesso di ricostruire la storia di questo settore dell'Esquilino dalle origini ai nostri giorni: il banco roccioso naturale è infatti interessato da una intensa attività di cava per l'estrazione della pozzolana, prezioso materiale da costruzione fondamentale per la realizzazione del calcestruzzo, l'elemento base dell'architettura romana a apartire dal I secolo a.C. In seguito, quest'area fece parte della ricchissima residenza costruita da Elio Lamia all'inizio del I secolo d.C., gli Horti Lamiani, che occupavano tutta la pendice sud-occidentale dell'Esquilino. A partire dal regno di Tiberio, gli horti entrarono a far parte del patrimonio privato degli imperatori, uno status che conservarono sino alla fine dell'antichità. Al momento della realizazione degli Horti, questa zona fu occupata da un grande giardino, che in questo punto era articolato in terrazzamenti, su cui gli archeologi hanno individuato i resti dei tagli per la messa a dimora delle piante: fosse per alberi, trincee per siepi, piccole buche allineate in file parallele da riferire forse ad un vigneto, file di ollae perforatae, vasi in terracotta forata che avevano la funzione di mettere a coltura le essenze floreali. I vari livelli del giardino erano connessi da scalinate di marmo, una delle quali conserva ancora il rivestimento.

Nella seconda metà del II secolo, i giardini si arricchirono di un grande ambiente rettangolare, probabilmente scoperto, pavimentato in lastre di marmo e dotato su uno dei lati brevi di una fontana semicircolare e di altri tre piccoli vani, di cui uno probabilmente adibito a latrina: l'area era decorata probabilmente da statue in marmo, di cui sono state ritrovate le basi in muratura.
L'abbandono dell'aula avvenne probabilmente nel corso del VI secolo, e in seguito ad esso l'area venne realizzato un imponente scarico di pregiati materiali di rivestimento provenienti da un altro padiglione degli Horti Lamiani, che doveva trovarsi a poca distanza, databile ad età giulio-claudia. Di eccezionale interesse, fra i materiali, un capitello intarsiato identico a quello rinvenuto dal Lanciani nel grande criptoportico. I materiali dello scarico appartengono a rivestimenti sfarzosi in lastrine di marmo intasiato e intonaci dipinti che riproducevano architetture stilizzate e vedute fantastiche, sfondando illusionisticamente le pareti e facendo spaziare lo sguardo oltre le mura verso un paesaggio immaginario. Attualmente, sono in corso i lavori di restauro e musealizzazione dello straordinario contesto archeologico, che permetteranno di vedere le strutture del complesso e i preziosi reperti, esposti negli stessi spazi.