Esquilino

La chiesa di S. Pietro in Vincoli

La basilica di S. Pietro in Vincoli, collocata non lontano dalle Terme di Traiano sulle pendici del Fagutale, la più occidentale delle alture che costituivano l'Esquilino, è nota anche con il nome di basilica Eudossiana: la tradizione vuole infatti che sia stata fondata nel 442 da Eudossia, moglie dell'imperatore Valentiniano III. L'imperatrice avrebbe fatto costruire la chiesa per ospitarvi la reliquia delle catene - in latino vincula, da cui deriva l'attuale nome della chiesa - servite per imprigionare l'apostolo Pietro nel carcere Mamertino; secondo le fonti antiche, infatti, le due catene erano state donate dal patriarca di Gerusalemme all'imperatrice Elia Eudocia, moglie di Teodosio II e madre di Eudossia. Le catene sono oggi conservate all'interno di una teca al disotto dell'altare maggiore della chiesa. La consistenza storica della leggenda vuole la chiesa fondata sul luogo di un precedente edificio di culto cristiano, il titulus apostolorum, non è ovviamente dimostrabile: di recente gli scavi archeologici hanno permesso di individuare, al disotto della basilica, le strutture di alcune abitazioni del II e III secolo d.C. La Basilica, seppure più volte restaurata nel corso dei secoli, conserva la tipica planimetria delle basiliche paleocristiane, con tre navate suddivise da due file di colonne; nel caso di S. Pietro in Vincoli, le colonne rappresentano un classico esempio di riuso di materiali più antichi, e provengono probabilmente da un vicino edificio pubblico di età romana, forse la Porticus Liviae. L'aspetto attuale si deve a Papa Giulio II, appartenente alla nobile famiglia romana dei Della Rovere, che nel 1503 fece aggiungere il portico d'ingresso e fece restaurare il vicino convento, affidando la realizzazione del chiostro al celebre Giuliano da Sangallo. Dopo l'Unità d'Italia, il pregevole edificio del convento fu adibito a sede della Facoltà di Ingegneria della Sapienza, che lo occupa ancora oggi.

Al suo interno, la chiesa ospita il monumento funerario di Papa Giulio II, decorata con il celebre Mosè di Michelangelo Buonarroti. Al momento della morte del papa, nel 1513, il monumento funerario non era stato ancora completato, e le sue spoglie furono inumate nella basilica di San Pietro, dove subirono la profanazione durante il sacco dei Lanzichenecchi nel 1527. Solo nel 1610 i resti rimasti trovarono definitiva sepoltura in San Pietro in Vincoli.