Esquilino

Gli Horti Lamiani

Verso la fine del I secolo a.C. Lucio Elio Lamia, appartenente ad una ricca famiglia i cui membri avevano più volte ricoperto incarichi pubblici e amico personale dell'imperatore Tiberio, entrò in possesso di una vasta zona nel settore più elevato del colle Esquilino, compresa oggi fra Piazza Vittorio Emanuele e Piazza Dante. La proprietà, che le epigrafi ricordano con il nome di horti Lamiani, comprendeva aree a giardino e frutteto, punteggiate da padiglioni immersi nel verde. Secondo la moda del tempo, fortemente legata a modelli ellenistici, la dimora era stata progettata cercando una perfetta sinergia fra il costruito e lo scenario naturale: gli ambienti residenziali, sale per i banchetti, edifici per spettacoli, ambienti termali, non erano riuniti in una unica struttura, ma erano articolati in edifici distinti, costruiti su terrazze che sfruttavano la conformazione irregolare del pendio. La volontà di mantenere costante il contatto con la natura era tale che gli ambienti chiusi, soprattutto quelli semisotterranei, come i criptoportici, erano decorati da vivide rappresentazioni pittoriche di scenari naturali, giardini verdeggianti ricchi di fiori, frutta, uccelli. Il filosofo Filone di Alessandria, che visitò la tenuta nel 38 d.C., descrive le lussuose sale di rappresentanza, in cui i vetri delle finestre erano sostituiti da preziose lastre di onice, e le pareti erano decorate da quadri antichi. Secondo una tradizione inaugurata da Mecenate, che alla sua morte lasciò in eredità ad Augusto i propri possedimenti sull'Esquilino, alla morte di Lucio Elio Lamia gli horti divennero di proprietà all'imperatore Tiberio, e da quel momento la proprietà entrò a far parte del demanio imperiale. Il momento di massimo fulgore degli horti imperiali sull'Esquilino si colloca durante il principato di Nerone, la cui domus Transitoria e poi Aurea univa il colle Esquilino al Palatino in una unica, vastissima tenuta, materializzazione dello sconfinato potere dell'imperatore. Dopo la morte di Nerone, la Domus aurea fu restituita al popolo dagli imperatori della dinastia dei Flavi con la realizzazione di opere pubbliche: in luogo dello stagno voluto dall'imperatore sorse il Colosseo, edifici privati vennero trasformati nelle terme di Tito, e possiamo ipotizzare che qualcosa di non troppo diverso abbia interessato anche l'area degli horti Lamiani, ma le testimonianze sono labili. La tenuta rimase comunque soggetta al controllo imperiale, tanto che, duecento anni dopo, troviamo in quest'area dell'Esquilino i segni dell'attività dell'imperatore Severo Alessandro, che si configura come l'ultima grande fase di sistemazione generale dell'area. Nei secoli successivi, si assiste con tutta probabilità all'abbandono delle lussuose strutture che facevano parte di queste grandi tenute, tanto che nel IV secolo per la costruzione delle fondamenta delle cosiddette "piccole terme" di via Ariosto furono utilizzate numerosissime statue, oggi esposte presso la Centrale Montemartini, che dovevano appartenere alla decorazione scultorea degli horti, in quel momento evidentemente già da tempo in abbandono.