Esquilino

L'Ipogeo degli Aurelii

Il sepolcro degli Aureli fu scoperto nel 1919, durante i lavori per la costruzione di un garage sotterraneo all'angolo tra viale Manzoni e via Luzzatti. Il monumento funerario sorgeva lungo una delle principali vie di accesso alla città, a poca distanza da Porta Maggiore, all'interno dell'area che nel 273 d.C. sarà racchiusa dalle mura Aureliane: ciò dimostra quindi che il sepolcro fu costruito in un momento precedente alla costruzione delle mura, poichè secondo un'antichissima legge romana le sepolture erano relegate negli spazi all'esterno della città.

Il sepolcro era costituito da una grande sala al livello del suolo e due vasti ambienti sotterranei, che sono quelli oggi meglio conservati. Fatto costruire da Aurelio Felicissimo, come recita un'epigrafe trovata al suo interno, era destinato ad ospitare anche i suoi fratelli ed i suoi conliberti, Aurelio Onesimo, Aurelio Papirio e Aurelia Prima. A lungo gli studiosi si sono chiesti se ad unire questi personaggi, tutti liberti, fosse un legame di parentela o l'appartenenza ad una setta o una confraternita. Ma ciò che più affascina in questo monumento sono le pitture che decorano le pareti e le volte, sulla cui interpretazione ancora oggi gli studiosi non sono concordi: esse sono state interpretate ora come chiare testimonianze del culto cristiano, ora dell'appartenenza a sette eretiche, a varie correnti filosofiche, fino al culto pagano. Altri hanno visto nella molteplicità dei simboli l'appartenenza dei defunti a culti diversi. La verità è forse ancora più affascinante ai nostri occhi: nel clima religioso estremamente libero dell'epoca - siamo probabilmente durante il principato dei Severi, nei primi decenni del III secolo d.C.- il confine fra paganesimo, cristianesimo, filosofie orientali, era molto più labile di quanto non sarebbe stato in seguito: in questo contesto di piena evoluzione religiosa, l'aldilà immaginato dalla famiglia ricca e colta degli Aureli è un paradiso del tutto originale, un locus amoenus, luogo ameno sospeso fra filosofia e fede in cui il Buon Pastore, simbolo già pagano fatto proprio dai cristiani, convive con l'episodio dell'Odissea in cui la maga Circe trasforma in maiali i compagni di Ulisse, e con una molteplicità di altre scene e personaggi di attribuzione tuttora incerta.