Esquilino

Le Mura Serviane

Le mura serviane devono il loro nome al re Servio Tullio, che ne avviò la costruzione nel corso del VI sec. a.C., racchiudendo per la prima volta l'abitato all'interno di un'unica cinta muraria, lunga almeno 7 km. Fino ad allora, infatti, Roma era costituita in realtà dall'aggregazione di più villaggi distinti, appartenenti alle diverse popolazioni che occupavano i colli intorno al Palatino, primo nucleo della città, ognuno dei quali munito di un proprio sistema difensivo. Servio incluse nelle mura anche i colli Viminale ed Esquilino, la cui sommità pianeggiante e quindi completamente priva di difese naturali imponeva la realizzazione di un efficace sistema difensivo: così racconta Strabone, che scrive durante il regno di Augusto, nel I sec. d.C., quindi cinquecento anni dopo la costruzionedella cinta muraria.

“Servio aggiunse alle altre colline l'Esquilino e il Viminale, facili ad attaccare dall'esterno: per questo fu scavata una fossa profonda e rigettata la terra verso l'interno, formando così un terrapieno di sei stadi (1110 m. di lunghezza), sul margine interno della fossa. Su questo innalzarono un muro con torri dalla Porta Collina fino alla Esquilina. Al centro del terrapieno è una terza porta, che ha lo stesso nome del Viminale”

Strabone, Geografia, V, 3,7

Su questo versante della città la cinta muraria ricopriva dunque un ruolo fondamentale per la difesa dai nemici: costruite in blocchi di tufo cappellaccio, le mura raggiungevano i 4 metri di spessore per 10 di altezza; nel tratto compreso fra Porta Collina e Porta Esquilina esse furono rinforzate sul lato interno da un imponente terrapieno, l'agger, cui corrispondeva all'esterno un fossato, profondo circa 17 metri e largo fino a 36, sicuramente ampliato e modificato più volte durante il lunghissimo periodo di utilizzo delle mura, che con restauri, integrazioni e modifiche anche sostanziali saranno utilizzate per tutta l'età repubblicana, fino agli ultimi decenni del I sec. a.C.

Una modifica radicale delle mura avvenne in seguito all'invasione della città da parte dei Galli, che saccheggiarono Roma nel 390 a C. Le mura di età regia dimostrarono infatti tutta la loro inadeguatezza e vennero totalmente ricostruite seguendo il tracciato più antico, utilizzando il tufo di Grotta Oscura, un materiale più resistente proveniente dal territorio della città di Veio, appena conquistata. Alcuni filari di blocchi di tufo appartenenti a questa imponente opera difensiva sono ancora visibili lungo l'attuale via Mecenate . Notevole è il tratto conservato in Piazza Manfredo Fanti, di cui fa parte una struttura semicircolare che doveva ospitare, probabilmente, gli uomini del corpo di guardia posti a presidio delle mura. ll tratto più monumentale, lungo circa 94 metri, si conserva sulla piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, dove sono visibili anche i resti della Porta Viminalis.

Nel I sec.a.C. le mura persero la loro funzione difensiva e di delimitazione dell'abitato, venendo in parte distrutte e in alcuni tratti inglobate dall'incalzare della nuova urbanizzazione. Sull'Esquilino, esemplare è il destino del tratto di mura immediatamente a Sud della Porta Esquilina, su cui Mecenate, il celebre amante delle arti che fu consigliere e amico di Augusto, edificò uno dei padiglioni della sua villa, il cosiddetto auditorium, che si conserva ancora oggi.