Esquilino

La Porta Maggiore

Porta Maggiore fu eretta a metà del I secolo d.C. con lo scopo di monumentalizzare i condotti dell'Aqua Claudia e dell'Anio Novus, che in quel punto oltrepassavano le viae Labicana (attuale via Casilina) e Prenestina, che qui si biforcavano. Fin dalla loro costruzione le arcate ebbero la doppia funzione di sostenere lo specus dei due acquedotti e di celebrare la figura e l'operato dell'imperatore Claudio, che ne aveva promosso la costruzione, con una iscrizione monumentale. L'arco è costruito in opera quadrata di travertino, con grandi blocchi non rifiniti. È una grande struttura a due fornici con ampie finestre che alleggeriscono la muratura dei piloni e un alto attico a tre fasce.

Solo nella seconda metà del III secolo d.C. le arcate furono inglobate dalla cinta difensiva voluta dall'imperatore Aureliano, e divenne realmente una porta, che assunse il nome di Porta Prenestina o Labicana dalle due strade che la percorrevano.

Nei primi anni del V secolo d.C., in occasione di un restauro delle Mura Aureliane, l'imperatore Onorio realizzò intorno alla porta una imponente opera di fortificazione: le due aperture furono spostate verso l'esterno della città, realizzando allo stesso tempo un vero e proprio bastione difensivo, che celò quasi completamente la struttura di epoca imperiale. In questa occasione, le due porte furono divise, e il monumento funerario del fornaio Eurisace, che sorgeva immediatamente all'esterno della porta, venne inglobato in una torre: probabilmente l'apertura a sinistra, Porta Labicana, venne chiusa già nel VI secolo d.C., e il monumento assunse l'aspetto tipicamente medievale di ingresso fortificato alla città, che avrebbe conservato fino all'inizio del XIX secolo.

Durante i lunghi secoli del medioevo, le porte erano date in concessione ai privati, che riscuotevano il pedaggio dai viaggiatori: sui registri della dogana conservati presso l'archivio Vaticano è riportata per Porta Maggiore una quota di concessione molto elevata, testimonianza dell'intenso traffico che la attraversava e quindi degli affari che si prospettavano per i privati gestori.

Nel 1838 Papa Gregorio XVI, con l'obiettivo dichiarato di ripristinare il tracciato originario delle mura e i due archi monumentali dell'acquedotto Claudio, distrusse le costruzioni più tarde, riportando tra l'altro alla luce il sepolcro di Eurisace: le due aperture originarie, però, apparvero troppo grandi e posero problemi di sicurezza, portando subito dopo alla parziale chiusura delle porte per mezzo di quinte merlate, che saranno demolite solo nel 1915.