Esquilino

La Necropoli Esquilina

Il grande sepolcreto della Roma delle origini sorse sul colle Esquilino tra IX e VIII secolo a.C., quando la più antica area funeraria nella valle del Foro fu occupata dall'abitato, con il conseguente spostamento degli spazi cimiteriali verso il colle. A partire da questa fase una vasta area compresa fra Via Giovanni Lanza e Piazza Vittorio iniziò ad essere occupata da una vasta necropoli ad incinerazione, i cui preziosi corredi ci restituiscono l'immagine di una città che va man mano sviluppandosi, in cui le conquiste militari apportano nuove ricchezze, beni di lusso, oggetti di pregio, ed in cui le diverse classi sociali vanno gradualmente stratificandosi.

Nel VI secolo a.C., con la costruzione delle mura serviane ad opera del re Servio Tullio, iniziò a delinearsi probabilmente una certa organizzazione dello spazio cimiteriale: gli spazi funerari, sempre nettamente distinti dalla città dei vivi, vennero relegati all'esterno della Porta Esquilina: a sinistra della Porta, sul lato settentrionale della Via Labicana, a partire dall'inizio del III sec. a.C., iniziò a svilupparsi il Campus Esquilinus, uno spazio dove, come racconta Cicerone nelle sue Filippiche (9, 17), dei lotti di terreno venivano concessi dallo Stato ai privati per la costruzione dei sepolcri di coloro che si erano distinti per il loro eroismo in difesa della res publica. I monumenti funerari appartenenti agli eroi della patria ne raccontavano le gesta attraverso le pitture, completate da brevi didascalie che indicavano i nomi dei personaggi rappresentati: questa tradizione, che prende il nome di "rilievo trionfale" ha come duplice obbiettivo quello di onorare i protagonisti ma anche, e soprattutto, di narrare a coloro che visitavano il sepolcro le vittorie di Roma. L'esempio forse più eclatante di questi sepolcri è rappresentato da quello attribuito alla famiglia dei Fannii o Fabii, decorato da straordinarie pitture oggi conservate presso il Museo della Centrale Montemartini. L'affresco raffigura scene militari, interpretate come un episodio della guerra contro i Sanniti. Il proprietario del sepolcro era probabilmente il generale Quinto Fabio Massimo Rulliano, che in queste lunghe guerre si distinse riportando numerose vittorie, nell'ultimo venticinquennio del IV secolo a.C.

Sul lato meridionale della via Labicana, invece, si estendeva il commune sepulcrum, l'area destinata a coloro che non erano in grado di pagare le spese per una sepoltura privata: i più poveri, gli schiavi, i viandanti, i condannati a morte: si trattava probabilmente di fosse comuni, che nelle ultime fasi di utilizzo andarono ad occupare anche l'antico fossato delle mura, o comunque di semplici sepolture in fossa, come suggerisce il nome che i romani diedero a questa zona, i puticoli, dal latino puteus, pozzo. Quanto questa zona fosse degradata si intuisce dal racconto del poeta Orazio, che nei decenni centrali del I sec. a.C. la dipinge, certo in modo un pò colorito, ma probabilmente non troppo distante dal vero, come una zona malfamata, dove qua e là biancheggiano le ossa e la notte si possono incontrare streghe e meretrici. La grande espansione della città alla fine dell'età repubblicana fece travalicare il confine segnato dalle mura, che persero dunque la loro funzione e vennero gradualmente demolite; a partire da questo momento, la necropoli fu abbandonata definitivamente e celata con un interro che raggiungeva i sei metri di spessore.