Esquilino

La domus via Cavour

La cosiddetta domus di via Cavour fu riportata alla luce per caso nel 1940, durante i lavori per la realizzazione della linea B della metropolitana, in prossimità dell'incrocio con via di S. Maria Maggiore. Sono tante le famiglie aristocratiche che a partire dagli ultimi anni dell'età repubblicana e per tutta l'età imperiale costruirono le loro ricche residenze sul pendio del Cispio, articolato in terrazze, che guardava verso il Viminale. Le strutture scoperte nel tunnel della metropolitana appartenevano ad una ricca domus costruita probabilmente negli ultimi decenni dell'età repubblicana, che tra il 120 ed il 130 d.C., nel pieno dell'età adrianea, venne completamente restaurata e forse frazionata in unità abitative più piccole. Non conosciamo l'estensione complessiva di questo complesso residenziale, del quale sono noti purtroppo solo gli ambienti che ricadevano all'interno del tunnel per il passaggio della Metro: tre sale che si snodavano longitudinalmente lungo un asse SO-NE, lo stesso dell'attuale via Cavour, convergendo verso uno spazio scoperto, forse un giardino, decorato da una grande vasca con decorazioni in marmo. Su uno dei lati di questa serie di ambienti si conservavano i resti di due grandi sale, riscaldate grazie all'utilizzo di suspensurae, pilastrini che creavano una intercapedine al disotto del pavimento, e mattoni forati alle pareti: questi sistemi permettevano di riscaldare le stanze grazie al passaggio dell'aria calda, e venivano utilizzate sia nelle strutture termali che per il normale riscaldamento degli ambienti domestici, soprattutto nelle zone a clima più rigido: è probabile che nel caso di questa domus si trattasse delle piccole terme private al servizio degli abitanti della casa, un lusso non raro fra le famiglie aristocratiche dell'epoca. Ma l'aspetto più emozionante di questo ritrovamento è rappresentato dalle magnifiche statue marmoree che la decoravano, oggi conservate al Museo della Centrale Montemartini. Le statue, a coppie, erano poste ai due lati delle porte di due sale successive l'una all'altra, come a guidare i visitatori verso il giardino. La fama dei modelli scelti dagli artisti romani, tutti provenienti dalla statuaria greca del V secolo a.C. ci dà un'idea dell'estrema eleganza e ricercatezza dei proprietari di questa casa: nella figura di satiro in riposo è chiaramente riconoscibile un originale di Prassitele, mentre deriva da un modello di Policleto la figura nella quale si può riconoscere un generale romano, appena coperto da un mantello appoggiato sulla spalla, con la corazza in cuoio appoggiata con negligenza accanto a sé, la cui mano, oggi perduta, doveva reggere la spada: se l'equipaggiamento è chiaramente romano, il modello per le forme perfette del corpo scolpito è preso in prestito dall'arte greca; la testa della statua, oggi perduta, era molto probabilmente un ritratto del proprietario della casa, che sceglieva qui di auto-celebrarsi.

Due statue, infine, rappresentano uno dei mitici figli di Venere, Pothos, personificazione del rimpianto, del senso di nostalgia che si prova per l'amato lontano, il cui originale va ricercato, anche in questo caso, in un'opera di Skopas. Le quattro sculture, databili ad età adrianea, come il resto della struttura, presentano evidenti segni di restauri antichi, che mostrano come i padroni di casa dedicassero particolari cure alla loro conservazione: in particolare, l'incasso per una grappa visibile sul collo del generale fa pensare ad una sostituzione della testa ritratto, poi andata perduta: forse l'avvicendarsi delle generazioni dei proprietari richiedeva un continuo aggiornamento delle immagini?